Il celebre «Trionfo della Morte» è un dipinto di notevoli dimensioni, sistemato nella galleria regionale di palazzo Abatellis dopo la seconda guerra mondiale, resosi necessario il suo strappo dal cortile di palazzo Sclafani, semidistrutto dalle bombe. Faceva probabilmente parte di un ciclo dipinto verso la metà del sec. XV e andato da secoli perduto. Realizzato con una tecnica che somiglia all’encausto, costituisce ancor oggi un enigma pittorico. L’autore ora è stato detto indigeno, ora fiammingo, ora catalano ed in ultimo francese. Certo si è che si tratta di un pittore di alta statura, di vasta formazione culturale e di gusto tale quale non consentiva la tradizione locale. Il cavallo della morte tutto travolge al suo passaggio, re, papi, prìncipi e ignobile plebe e avanza minaccioso su chi gode le delizie della vita; motivo dotto, tema comune all’arte e alla letteratura, interpretazione medioevale cristiana della vita. Il dipinto, condotto in superficie, gravita sulle scattanti membra ischeletrite del cavallo in diagonale; le figure, variamente atteggiate, compongono una trama elegantissima di braccia, di sensibili mani, di corpi e di visi ora tristi, ora sofferenti, ora grotteschi e realistici. La tragedia è vissuta su di un piano di raffinatezza stilistica, nel clima della migliore società del tempo. È opinione comune che la figura con i pennelli, in alto a sinistra, sia l’autoritratto del pittore sconosciuto di nome; accanto a lui è il garzone con la scodella dei colori in mano.